Il patto di fiducia tra allievo e insegnante: gli aggiustamenti nell’Ashtanga Yoga

Il cuore della didattica dell’Ashtanga Yoga è la self-practice, la pratica individuale seguendo il proprio respiro che si svolge all’interno di una shala yoga.

La self-practice o pratica Mysore style è lo spazio degli aggiustamenti, dell’intervento mirato dell’insegnante sull’allievo durante l’esecuzione di asana: in questo spazio fisico e mentale del praticante ogni intervento dell’insegnante è personalizzato sul corpo dell’allievo e il suo ruolo evolve ad accompagnare l’allievo nel proprio sadhana.

Questo strumento crea una relazione speciale tra allievo e insegnante, un gioco di delicati equilibri a livello fisico ed emotivo che richiede lealtà e trasparenza da entrambe le parti.
La visione degli aggiustamenti si è evoluta nel tempo passando da «mettere nella posizione» a «accompagnare l’allievo nella sensazione» della posizione.

Ne deriva l’evoluzione dell’interpretazione dei ruoli di insegnante e allievo che si stacca sempre di più dalla visione culturale dell’insegnante-maestro-guru, il cui punto di vista non viene messo in discussione, e dell’allievo che rispettosamente si inchina e accetta passivamente l’aggiustamento senza farsi troppe domande.

Occorre distinguere tra la peculiarità del caso specifico degli aggiustamenti nell’Ashtanga Yoga e lo studio della disciplina yoga nel senso più ampio.

La relazione maestro-guru con l’allievo nella tradizione è improntata sull’iniziale abbandonarsi e affidarsi dell’allievo alla conoscenza del maestro che vive secondo i precetti yoga e ha acquisito esperienza; la parola sanscrita guru, infatti, deriva da due radici: gu che significa tenebra e ru che significa luce, avendo come significato aiutare l’allievo a squarciare le tenebre dell’ignoranza (avidya) verso l’illuminazione e la verità.

Nel caso specifico della peculiarità della didattica dell’Ashtanga Yoga basata sugli aggiustamenti per l’apprendimento di asana, la relazione deve basarsi anche su presupposti più concreti di affidabilità e competenza che definiscono l’ambito dell’etica professionale dell’insegnante.

Un crescente senso di responsabilità delinea il nuovo rapporto, chiedendo all’insegnante sempre maggiori competenze a livello anatomico, funzionale e psicologico e all’allievo una partecipazione attiva e vigile nell’aggiustamento.

Dona Holleman, durante una sua lezione, ha offerto un’interpretazione degli aggiustamenti che abbiamo fatto nostra e che da sempre accompagna il nostro lavoro: «l’aggiustamento deve rendere l’allievo intelligente nella posizione».

Questo significa che ruolo dell’insegnante non è quello di «rubare l’esperienza» all’allievo mettendolo nella posizione e rendendogli le cose più facili, bensì quello di innescare un riflesso di intuizione e comprensione della dinamica di asana che rende l’allievo attivo, consapevole e responsabile.

Il senso di responsabilità determina la peculiarità di questo rapporto. L’insegnante che si avvicina all’allievo è responsabile di una preparazione che gli permette di intervenire in modo corretto rispettando le linee di forza del corpo; è responsabile di avvicinarsi in modo cristallino con la sola finalità di fare qualcosa di utile all’allievo e non a se stesso e al proprio ego; è responsabile di non usare il contatto per imporre una propria volontà bensì per accompagnare l’allievo nella comprensione; è responsabile di saper calibrare la natura degli aggiustamenti al livello di comprensione che l’allievo ha acquisito in quel momento.

L’allievo, d’altro canto, è responsabile dell’aggiustamento tanto quanto l’insegnante accogliendo l’aggiustamento in modo attivo e attento al proprio benessere ed esercitando il proprio diritto ad accettare o rifiutare un aggiustamento se non si sente a proprio agio.

Dal punto di vista fisico, senza una comprensione anatomica, delle dinamiche mio-fasciali e del concetto di azione non-locale, toccare l’allievo può essere rischioso e provocare infortuni. Ecco perché la preparazione dell’insegnante è un processo lento, di anni di studio, assistenza e osservazione in una shala yoga.

L’umiltà dell’insegnante nell’avvicinarsi a questo mondo è fondamentale per evitare errori dettati dalla fretta egoica di mettere le mani sugli allievi.

Kristina Karitinos-Ireland parla del ruolo dell’insegnante come di servizio: l’insegnante è uno strumento al servizio dell’allievo per aiutarlo a realizzare il proprio sadhana.

Si delinea quindi un rapporto di compartecipazione tra insegnante e allievo e di reciproco rispetto. L’insegnante si trova comunque in una situazione di «vantaggio» della quale non deve approfittare, essendo l’allievo più vulnerabile.

L’empatia è quella facoltà che permette all’insegnante di entrare in punta di piedi nello spazio energetico ed emotivo dell’allievo durante un aggiustamento. È la capacità di sentire l’allievo, di cogliere se e quando è il momento per offrire un aggiustamento. È la sensibilità che fa intuire all’insegnante come sta l’allievo dal momento in cui varca la porta della shala, prima ancora di stendere il tappetino, com’è andata la sua giornata e come sarà la sua pratica, quali sono i moti che lo animano.

La percezione dello spazio energetico dell’allievo ‒ influenzato dal suo umore, dai suoi pensieri, dalla sua visione del mondo – richiede all’insegnante una grande capacità di ascolto, di attenzione, di intuizione e di sincronizzazione con i ritmi dell’altro.

Come si può quindi intuire da queste poche righe, il tema degli aggiustamenti è ampio e richiede un atteggiamento umile e aperto da parte dell’insegnante.

Diventare insegnanti significa iniziare un percorso di lavoro personale non solo sulla pratica di asana ma anche sulla propria crescita spirituale ed etica e sulla maturità psicologica ed emotiva.

La nostra visione degli aggiustamenti nasce dal lavoro quotidiano in shala, dall’osservazione di corpi e di emozioni, dal nostro essere spettatori delle parabole evolutive e involutive delle pratiche di alcuni allievi, dal veder sbocciare attraverso la pratica allievi che si confrontano umilmente con i propri limiti.

Il nostro stile negli aggiustamenti vuole stimolare l’allievo a comprendere cosa deve cercare nella posizione attraverso il processo e questo non sempre corrisponde con il chiudere la posizione tout-court.

Abbiamo imparato sul campo che la relazione non è mai con l’allievo bensì con la rappresentazione che l’allievo ha di se stesso, e questo rende il nostro lavoro estremamente complesso, innescando dinamiche che vanno ben oltre la già complessa tecnica degli aggiustamenti.

Dal punto di vista tecnico, per ogni asana gli aggiustamenti possibili sono molteplici e devono adattarsi al corpo dell’allievo.

Prima di aggiustare un allievo occorre avere una comprensione del principio di tensegrità applicato al movimento, la relazione costante tra elementi stabili e compatti ed elementi mobili ed elastici che lavorano in sinergia.

Ciò significa che, come abbiamo già anticipato nel nostro precedente articolo, il movimento non è mai a senso unico: ci sono forze che contribuiscono a dare stabilità a asana e forze ad esse complementari, che contribuiscono allo sviluppo del movimento e vengono trasmesse, attraverso un’azione non-locale creata dai bandha in sinergia con il respiro, lungo i binari mio-fasciali.

A livello concreto, se l’insegnante interviene sul movimento specifico di asana senza aver verificato che l’allievo sia radicato e stabile nel suo centro fisico attraverso i bandha, rischia di provocare tensioni o lesioni all’allievo.

Ad esempio, prima di accompagnare l’allievo nel movimento della torsione in parivrtta trikonasana (utthita trikonasana B), l’insegnante deve verificare il radicamento dei piedi a terra, la tenuta dei muscoli pelvici, la stabilità delle anche, la meccanica del bacino in retroversione, il ritmo e la profondità del respiro; solo dopo aver verificato questo bilanciamento di forze stabilizzatrici, l’insegnante può modulare l’intervento sul movimento specifico della torsione del busto.

La strada più sicura per imparare gli aggiustamenti resta l’apprendimento diretto in una shala yoga tradizionale, sotto la guida di un insegnante esperto e attento che possa accompagnare futuri insegnanti alla scoperta della bellezza e della difficoltà di questo metodo, imparando sul campo con umiltà e piacere della scoperta.

Stefania Valbusa

Crediti:
Foto: Alessandro Sigismondi
Modella: Leeah Chu